Leonardo

Fascicolo 12


The Work of BOTTICELLI. - London. George Newnes, 1904 (65 tavole).
Recensione di Gian Falco (Giovanni Papini)
p. 30


p. 30



   Tutte le teste del Botticelli son chinate, piegate, come esili fiori che il vento assale. Tutte le sue figure sono infantili o femminee, anche quelle degli uomini. È il pittore della debolezza, del disfacimento? È già la decadenza in mezzo al Rinascimento? Egli finì pio e savonaroliano e tutto il suo panesimo fu gelido e sottile come un sogno d'alba, non raggiante come un trionfo d'estate. Le sue ninfe paiono uscite di convento e si meravigliano, tristemente, di sentirsi seminude. Le loro faccie son magre come quelle di chi visse a lungo rinchiuso; i loro occhi languenti conoscono più i libri delle preghiere e le voluttà cenobiche che i silvestri furori bacchici. Ma gli angeli, i piccoli ppi del cielo, bei fanciulli fiorentini che i Medici attirano con giochi, come si fa coi gatti giovani, sorridono intorno alle stanche madonne e non certo di amore mistico. Non sono ancora protestanti, quei bravi ragazzi!
   In queste immagini io ritrovo tutta l'anima della mia razza e della mia città: cieli chiari, cipressi neri, natura povera ma forte e pietrosa, uomini non belli, non regolari, non efebici ma che nella bocca irridente e negli occhi fissi portano una volontà di energica vita.


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